sovrappeso

SOVRAPPESO: QUAL È LA VERA CAUSA?

In sintesi

Il corpo umano, che ci piaccia o no, risponde alle leggi della termodinamica, compreso il principio di conservazione dell’energia. Questo vuol dire che se ci ritroviamo con qualche chilo in più di tessuto adiposo, dobbiamo aver avuto a disposizione l’energia necessaria per svilupparlo. In altre parole l’unica possibile causa del sovrappeso è uno squilibrio tra le calorie assunte e quelle consumate. Detto ciò, la questione ovviamente non è chiusa, ma anzi solleva un’altra domanda: perché mangiamo troppo? Per rispondere senza cadere nei soliti cliché che chiamano in causa pigrizia o genetica, dobbiamo considerare almeno quattro fattori: il senso di appetito e sazietà, l’ambiente obesogeno che fa leva sulla nostra innata predilezione per i cibi ipercalorici, il ruolo di compensazione emotiva che spesso assegnamo al cibo e infine i comportamenti abitudinari che abbiamo consolidato noi stessi o ereditato dal contesto familiare.

Perché mangiamo troppo?

Il nostro comportamento alimentare è il risultato dell’interazione di diversi fattori.

 Per schematizzare, i principali sono:

  • il senso di appetito e sazietà
  • la maggiore appetibilità dei cibi ipercalorici
  • la compensazione emotiva
  • le abitudini e i condizionamenti sociali
cause sovralimentazione

Il senso di appetito e sazietà

Al centro del nostro cervello, nell’ipotalamo, convergono diversi input che stimolano l’appetito o la sazietà. In primis si tratta di segnali che indicano lo stato delle nostre riserve energetiche, a breve e lungo termine. I principali sono:

  • il glucosio ematico e l’insulina, che inibiscono l’appetito;
  • la grelina, che stimola l’appetito ed è prodotta dallo stomaco quando è vuoto e sempre meno man mano che si riempie;
  • la leptina, che attenua l’appetito ed è prodotta dal tessuto adiposo in modo proporzionale alla sua massa.
centri appetito sazietà

Una regolazione così raffinata, e ancora più complessa di come la possiamo riportare qui, dovrebbe consentirci di poterci fidare del nostro senso di appetito, ma ci sono alcune di condizioni in cui questo può risultare “ingannevole”, ad esempio:

  • l’ipoglicemia reattiva: quando si ha un picco di glicemia, piuttosto comune dopo aver mangiato un alimento ricco di zuccheri, la produzione di insulina può essere così massiccia da causare un calo temporaneo della glicemia sotto la soglia fisiologica;
  • la resistenza alla leptina: quando il sovrappeso si stabilizza per lungo tempo, la leptina diventa meno efficace nell’attenuare l’appetito.

Inoltre, due condizioni piuttosto diffuse, quali lo stress cronico e la scarsa qualità del sonno, possono stimolare la fame e la ricerca di alimenti densi di calorie.

La maggiore appetibilità dei cibi ipercalorici

La nostra comune predilezione per i cibi densi di calorie ha un significato evolutivo. I nostri antenati cacciatori raccoglitori, così come la maggior parte degli esseri viventi, erano continuamente esposti alla scarsità di cibo. Per questo, saper riconoscere e preferire le fonti di cibo che potessero sfamare più a lungo costituiva un vantaggio. In uno scenario completamente rovesciato, dove abbiamo a disposizione una sovrabbondanza di cibo, anche a basso prezzo, la nostra ancestrale attitudine ci espone inevitabilmente a un rischio maggiore di sovrappeso e obesità. Questo succede anche perché quando iniziamo a consumare un alimento ipercalorico la soglia della soddisfazione si alza e tendiamo a perdere la percezione delle calorie che stiamo assumendo. Se poi assaporiamo la giusta combinazione di grassi, zucchero e sale, che l’industria alimentare conosce bene, si va anche ad attivare il circuito della ricompensa, che ne innesca un consumo compulsivo.

cibo spazzatura

La compensazione emotiva

La ricerca di cibo non è sempre stimolata dall’appetito. Molto spesso il cibo diventa un antidoto allo stress, alla tristezza, alla rabbia o alla noia. In queste situazioni si ha una particolare predilezione per gli alimenti ipercalorici, che vengono quindi definiti comfort food. A peggiorare tale scenario possono seguire anche la delusione e il senso di colpa per aver ceduto alla tentazione.

Le abitudini e i condizionamenti sociali

Si stima che l’80% dei nostri comportamenti siano abitudinari. Al di là di questa statistica possiamo tutti confermare quanto tendiamo a ricalcare sempre i soliti pattern, anche quando si parla di alimentazione. Se ad esempio abbiamo consolidato l’abitudine di fare colazione con cappuccino e brioche, con la stessa compagnia, nello stesso bar, alla stessa ora tutti i giorni, sarà difficile scardinarla dall’oggi al domani. Per non parlare delle tradizioni familiari, che iniziano a mettere radici fin dall’infanzia e possono diventare una pesantissima eredità da cui liberarsi.

Quanto conta il dispendio energetico?

Dicevamo all’inizio che il sovrappeso è il risultato di una semplice equazione: calorie assunte – calorie consumate.  Negli ultimi decenni di storia, a fronte di un aumento crescente delle calorie medie assunte, non c’è stata un’adeguata compensazione di quelle consumate, anzi. Delle diverse componenti del dispendio energetico totale, ovvero metabolismo basale, termogenesi indotta dalla dieta (TID) e attività fisica, quest’ultima si è notevolmente ridotta con il diffondersi di uno stile di vita sempre più sedentario. Sono sempre meno diffusi i lavori che richiedono impegno fisico e, di pari passo, anche la vita extra lavorativa è diventata più confortevole (pensiamo all’uso di ascensori, scale mobili, auto anche per tragitti corti, ecc.). Per quanto riguarda il metabolismo basale, salvo condizioni particolari, ad incidere non è tanto la genetica, troppo spesso evocata, ma la composizione corporea: la massa muscolare, infatti, rispetto ad altri compartimenti corporei, ha un “costo di manutenzione” più alto.

dispendio energetico

Per approfondire:

logo